Diabete: il trapianto di isole pancreatiche

Il trapianto di isole pancreatiche in caso di diabete di tipo 1: una metodologia usata da pochissimi centri in Italia, tra cui il Niguarda.
Si tratta di un programma multi-specialistico che richiede la collaborazione di diverse équipe. Ci sono gli specialisti della diabetologia e della nefrologia per la gestione del paziente, lo staff dei trapianti e gli anestesisti per il prelievo dal donatore, la terapia tissutale per la preparazione delle cellule e gli psicologi per valutare se il paziente sia pronto ad intraprendere questo iter di cura.

 

Chi è candidabile all’intervento?

Tipicamente il candidato tipo è una persona affetta da diabete di tipo 1, una patologia su base autoimmune, che colpisce in giovane età; la patologia è spesso scompensata ovvero i valori della glicemia sono per lunghi periodi fuori controllo e generalmente si tratta di pazienti che per una serie di motivi non si possono sottoporre al trapianto di pancreas o al trapianto combinato di rene e pancreas, ad esempio per problematiche cardiovascolari.

 

La procedura di trapianto

Vengono prelevate dal pancreas di un donatore le cellule deputate alla produzione di insulina e trapiantate nel paziente dopo una procedura di separazione e di purificazione che avviene in laboratorio. Una volta pronte, vengono impiantate mediante un’iniezione, nella vena porta, nel fegato. Qui attecchiscono e incominciano a produrre insulina. Inoltre per evitare il rigetto, il paziente inizia ad essere trattato con una terapia immunosoppressiva.

Addirittura in alcuni casi è stato provato l’impianto nelle fasce muscolari dell’avambraccio. Si tratta di protocolli sperimentali, ancora da perfezionare, ma che hanno dato dei risultati incoraggianti..
In futuro importanti risultati potranno arrivare anche dal trapianto combinato sia di isole pancreatiche sia di staminali per ridurre il rischio di rigetto. Sono in corso diversi studi internazionali a riguardo.

Una nuova tecnica prevede di trapiantare le isole pancreatiche sulla membrana che circonda gli organi addominali (omento) con ad un’impalcatura biotech che ne favorisce l’attecchimento.
Grazie a questa evoluzione si punta ad ottenere una sopravvivenza più prolungata delle isole rispetto a quanto avviene per la sede intraepatica. A differenza del fegato in questa sede sarà possibile in futuro applicare microcapsule e altri dispositivi per ridurre la necessità della terapia immunosoppressiva. 
 

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