“Un'immersione come tante altre, in Liguria. Niente di particolarmente impegnativo, una gita a 30 metri di profondità. Ma una volta uscito dall'acqua ho incominciato ad accusare degli strani giramenti di testa e nausea.”

Roberto, il sub fotografo curato in camera iperbarica

Istruttore sub, con un’esperienza di oltre 20 anni. Ma contro la malattia da decompressione il curriculum evidentemente non basta. Bisogna sempre stare in allerta. La vicenda di Roberto ce lo insegna. Curato nella camera iperbarica di Niguarda, si è innamorato di questo reparto tanto che vorrebbe in futuro farlo conoscere meglio con un racconto per immagini grazie alla sua professione di fotografo.

Un'immersione come tante altre, in Liguria. “Niente di particolarmente impegnativo, una gita a 30 metri di profondità- ci dice Roberto- Ma una volta uscito dall'acqua ho incominciato ad accusare degli strani giramenti di testa e nausea. Rivedevo come un film le fasi dell'immersione. Avevo fatto tutto come da procedura, non saltavano all'occhio errori. E questo deve dire mi ha frenato nel cercare immediatamente soccorso”. Sapeva bene quali sono i rischi di chi alle normali gite fuori porta preferisce quelle nell'acqua con pinne, bombole e maschera. Tra i parametri da tenere sempre monitorati c'è la saturazione dell'azoto. “A profondità via via crescenti questo gas si discioglie nel sangue e nei tessuti- spiega Fabio Garuti, medico del Centro di medicina subacquea e iperbarica-. Il pericolo si presenta nella fase di risalita, se questa è troppo veloce e non controllata, l'azoto ritorna allo stato gassoso troppo velocemente e questo porta alla formazione di pericolose bolle che possono portare all'embolia”. 

E' necessario un intervento medico. “Tornato a Milano mi sono rivolto all'ospedale più vicino a casa e dopo una notte in osservazione sono entrato in contatto con il centro di medicina iperbarica di Niguarda- ricorda Roberto-. Sono stato trasferito qui all'alba e sono stato sottoposto immediatamente ad un trattamento in camera iperbarica. Ricordo che quando sono arrivato, non riuscivo a stare in piedi: l'embolia in corso mi dava problemi d'equilibrio”. 

Un trattamento di 5 ore in emergenza e per fortuna la sua situazione ritorna fuori pericolo. Grazie alla camera iperbarica si ottiene la ricompressione dei gas e l'ossigenazione dei tessuti colpiti dagli emboli gassosi. Nei giorni successivi altre sedute e poi il via ai cicli di ossigenoterapia. “Oggi sono guarito e possono tornare ad immergermi anche se con delle attenzioni in più- ci fa sapere Roberto-. Dagli esami a cui mi sono sottoposto è emerso che il problema probabilmente è collegato ad una condizione anatomica del mio cuore. E' il forame ovale pervio, in pratica c'è una piccolo passaggio aperto tra due compartimenti cardiaci che normalmente dovrebbero essere separati”. 

La camera iperbarica ovviamente è molto nota tra chi pratica diving. Non serve solo per la cura della malattia da decompressione, ma per questa patologia, spesso, è un salva-vita. “Trovarsi in questo ambiente molto particolare, con sedute anche molto lunghe, è davvero d'impatto e in un certo senso anche affascinante- dice Roberto-. Poi con il personale del reparto mi sono trovato benissimo. Così visto che sono un fotografo, ho deciso di donare un servizio fotografico che consenta un tour virtuale, sul web, di questa struttura. E' il mio regalo per questo reparto che mi ha salvato”.