“Ho fatto un taglio da “marine”...ho voluto prendere il toro per le corna”

TUMORE AL SENO: la storia di Elena

Elena, 54 anni, insegna inglese presso un liceo linguistico.
Tra le sue passioni c’è quella per i grandi autori della letteratura inglese. William Shakespeare, Thomas Stearns Eliot, Emily Dickinson, sono solo alcuni degli autori di cui cerca di far innamorare anche i suoi alunni, quelli che affettuosamente chiama “i suoi ragazzi” e che gli mancano tanto.
Presto spera di poter ritornare alla sua cattedra per dedicarsi a tempo pieno all’insegnamento. Oggi tutte le energie sono concentrate sul tumore al seno, diagnosticato qualche mese fa e per cui è stata operata. 

Come si è accorta del problema, c’era un nodulo?

Non sentivo noduli, mi sono accorta per una leggera deviazione del capezzolo. Tutto è nato da questo particolare di cui fortunatamente mi sono accorta. 

Da lì si è aperto l’iter di esami, con cosa ha iniziato?

Mammografia, ecografia, visita senologica e il prelievo per la biopsia. Anche se il referto è arrivato dopo pochi giorni è stata un’attesa snervante. E il risultato era quello temuto: un carcinoma alla mammella.

Fatta la diagnosi, le è stato spiegato quale sarebbe stato il percorso di cura?

Sì, c’è stata la visita con l’oncologo e il chirurgo, che mi hanno parlato dei cicli di chemioterapia a cui mi dovevo sottoporre, un trattamento pre-operatorio adiuvante. Si è iniziato con il paclitaxel.

Come avveniva la somministrazione?

Venivo in ospedale una volta la settimina presso il day hospital dove avveniva il trattamento. Ero a Niguarda molto presto, già alle 7, dopo il prelievo del sangue e la visita oncologica iniziava l’infusione del farmaco. Nel primo pomeriggio facevo ritorno a casa. Finiti questi 12 cicli mi sono sottoposta ad un nuovo trattamento con un nuovo farmaco, che richiedeva un’infusione più dilata nel tempo: una somministrazione in ospedale ogni 20 giorni, questa seconda terapia è stata un po’ più pesante.

La chemioterapia quali effetti dava?

Il primo ciclo con il paclitaxel non mi ha creato particolari problemi. Qualche giorno ero un po’ più stanca del solito e avevo meno appetito. Dopo la terza seduta ho perso i capelli, ma a questo ero preparata ed ero già andata dal parrucchiere a fare un taglio da “marine”. Ho voluto prendere il toro per le corna. 

E con il secondo trattamento…

Gli effetti collaterali sono stati più pesanti. Provavo un’enorme stanchezza che perdurava anche nei giorni successivi e che si accompagnava a nausea. Tra gli effetti collaterali c’era anche la perdita del gusto, tutto ciò che mangiavo non aveva nessun sapore, anche le mie unghie erano più deboli e soggette a rottura. 

Cosa ricorda dei trattamenti nel day hospital dell’oncologia?

La sala d’aspetto piena di persone tutte con una patologia grave. E ovviamente questo è il principale argomento di discussione. E’ un ambito molto particolare in cui si conoscono nuove persone, si creano legami e si condividono le esperienze. Non è sempre facile: a volte ricordo che mi isolavo, forse come forma di auto-difesa preferivo non ascoltare, però tutto sommato per me è stata un’esperienza positiva. In più devo dire che in tutte le storie ascoltate c’era sempre un elemento comune: la fiducia nei medici e nell’ospedale, tutti si sentivano in buone mani. E devo dire che anche da parte mia c’è sempre stata questa sensazione.


Finita la chemioterapia, c’è stata la Tac di controllo e poi l’intervento… 

Prima di sottopormi a questo c’è stato l’incontro con il chirurgo plastico che mi ha parlato delle diverse fasi necessarie per la ricostruzione. Mi ha detto che durante l’intervento di asportazione sarebbe stato lasciato in sede un espansore, un dispositivo che può essere paragonato ad un cuscinetto che viene riempito con della soluzione fisiologica. L’aggiunta si realizza più volte nel corso dei mesi che dividono la mastectomia dall’intervento di chirurgia plastica e viene fatto con l’obiettivo di preparare al meglio il seno per la ricostruzione.

Del giorno dell’intervento cosa ricorda?

Non ero mai stata ricoverata per un intervento chirurgico nella mia vita ed ero molto preoccupata. L’idea di andare sotto i ferri… mi chiedevo: mi risveglierò? La sera prima avevo molta paura, ma poi ti fai forza e ti dici che è un passo necessario: va fatto. A preoccuparmi c’era anche il dolore dopo l’intervento, che in realtà mi immaginavo molto peggio di quello che è stato. Certo c’è il fastidio dell’espansore con cui dovrò convivere nei prossimi mesi (ndr, fino all’intervento di ricostruzione) e che tengo a bada con gli anti-dolorifici.