“Non sono mai stato molto condizionato dalla malattia, vivo una vita "normale" al 95%”

SINDROME DI MARFAN: la storia di Marco

Tutto per colpa di un gene che si trova sul cromosoma 15 e che regola la produzione di una sostanza, la fibrillina, essenziale componente del tessuto connettivo.
Questo “materiale biologico” compone le articolazioni e i legamenti, ma è presente un po’ in tutto il nostro corpo come collante, cuscinetto o struttura di sostegno dei vari organi, la fibrillina ne è un mattone fondamentale e la sua destrutturazione causa un mosaico di sintomi che può interessare più apparati.
Ma dove il Marfan “dà il peggio di sé” è l’ambito cardiologico. Cuore e dintorni, qui il connettivo lasso gioca dei brutti scherzi, anomalie strutturali e funzionali che possono addirittura portare alla morte, se non diagnosticate per tempo.
 

A tu per tu con i pazienti

Marco ha 38 anni e lavora come informatico per una multinazionale. La sindrome di Marfan è entrata nella sua vita da quando aveva 10 anni, segnando tragicamente la sua storia familiare: sia la mamma che la sorella sono venute a mancare a causa della sindrome. Lui ce l’ha fatta. Nel nostro Ospedale si è sottoposto ad una delicata operazione di sostituzione della radice aortica. L’intervento condotto dal cardiochirurgo è perfettamente riuscito e ora Marco conduce una vita normale, al 95%...


Come le è stata diagnosticata la malattia?

La sindrome di Marfan è diagnosticabile con certezza solo dopo un esame genetico accurato. Ci sono comunque una serie di indicatori che portano al sospetto. In particolare la caratteristica più evidente che spesso identifica i malati è la fisionomia longilinea e la statura elevata. Io sono molto alto, inoltre avevo una sorella più grande di me che presentava in modo marcato, oltre alla statura elevata, anche altri indicatori: la familiarità e il mio aspetto hanno portato ad indagare su di me. Ho vissuto quindi dai 10 anni di età ai 30 con una “sospetta sindrome di Marfan”. Ho avuto la certezza da diagnosi genetica solo qualche anno fa.


A quali interventi si è dovuto sottoporre?

La mia aorta si stava dilatando, di conseguenza ho subito un intervento di sostituzione della radice aortica. Mi sono trovato nella condizione di dover scegliere tra due tipi di intervento diversi, sostenuti con ugual convinzione da diversi dottori.
Quello che ho scartato, prevedeva anche la sostituzione della valvola aortica.
La mia valvola però era in buono stato, così ho scelto un intervento tecnicamente più complesso, ma conservativo, che mi ha garantito una migliore qualità della vita, dato che ho evitato la necessità di essere trattato con anticoagulanti.


Come ha influito la malattia sulla sua qualità di vita?

Per quanto riguarda la mia salute in generale, non sono mai stato molto condizionato della malattia.
Addirittura ho svolto attività sportiva a livello agonistico fino a 30 anni di età, cosa teoricamente assolutamente sbagliata e pericolosa.
Oggi devo prendere tutti i giorni un farmaco betabloccante, ben tollerabile; devo sottopormi un paio di esami all’anno per controllare che sia tutto ok.
Di fatto, vivo una vita normale al 95%, eccezion fatta per l’attività sportiva, che prima per me era un’abitudine senza limitazioni, oggi devo stare attento a non esagerare.


Secondo lei perché a sua madre e sua sorella non è stata presentata la stessa possibilità di trattamento: imperizia dei centri cui si sono rivolte o all’epoca questo tipo di malattia era ancora poco conosciuta?

Mia sorella presentava molti sintomi, per cui è stata identificata come Marfan già dalla fine degli anni 70.
É rimasta sotto controllo medico in modo quasi costante da quel periodo in poi. Nonostante questo la sua aorta ha ceduto; l’ultimo esame ecografico che aveva sostenuto era risultato normale.
Mia mamma invece ha avuto la rottura dell’aorta qualche mese prima. Nessuno però ha mai pensato che potesse avere la sindrome di Marfan, questo perché non ne aveva la fisionomia ritenuta tipica. Come sappiamo oggi ci sono tanti indicatori possibili, ma la presenza o meno di ciascuno non porta né ad escludere né ad affermare con certezza l’esistenza della malattia.
Con il senno di poi, visto che spesso è una sindrome ereditata, è chiaro che è stato fatto un errore di valutazione.


Come giudica l’assistenza trovata qui a Niguarda?

Sono entrato in ospedale sapendo già cosa mi aspettava, dato che avevo già vagliato tutte le ipotesi di intervento e scelto quella più idonea.
Posso dire che è andato tutto nel modo migliore, per cui il mio giudizio è positivo.
Sia l’intervento che l’attività di riabilitazione sono state affrontate con scrupolo e competenza da parte del personale.