#8Marzo: Elizabeth Blackwell

Immaginate di non poter votare, non poter possedere denaro, di non poter decidere per i vostri figli, di non poter fare nessuna professione se non la cameriera o l’istitutrice, di non essere ammesse a nessuna università. Ecco alcune storie di donne che hanno iniziato a cambiare le cose. Ecco il nostro 8 marzo.

Non ha neanche senso provarci - scrive il dottor Warrington - non potrai mai essere ammessa in queste scuole. Dovresti andare a Parigi e travestirti da ragazzo”. Siamo negli Stati Uniti ed è il 1845, e il dottore sta rispondendo a una lettera di Elizabeth Blackwell, 26 anni, una ragazza che vuole studiare medicina in un’epoca in cui le donne non sono ammesse all’università.

Per fortuna non tutti la pensavano così. Charles Lee, preside del Medical Institute di Geneva, New York, vuole ammetterla nella sua facoltà, ma deve prima ottenere l’approvazione dell’assemblea degli studenti e dei professori. Come fare?

Elizabeth e Charles Lee sfidano la sorte con una buona dose di inventiva e di senso dell’umorismo e ricorrono ad un insolito stratagemma.
Presentano effettivamente la candidatura della ragazza, ma atteggiandosi e parlando come se fosse uno scherzo, una delle tante trovate goliardiche del preside. Studenti e insegnanti votano a favore dell’ammissione, tanto per farsi una risata. E quando, qualche giorno dopo, la ragazza si presenta davvero a lezione, è troppo tardi: Elizabeth è ammessa in facoltà.

La vita del college all’inizio non è facile: i compagni e i professori sono in imbarazzo, gli sguardi la seguono ovunque e Elizabeth è sempre sola. Persino a Geneva, la cittadina universitaria, la gente la evita, perché una studentessa di medicina donna è “strana”.

Ma al momento della sua laurea, tre anni dopo, tutto è cambiato. Il suo diploma è accompagnato da parole di stima e congratulazioni da parte di compagni e professori. L’aula è gremita di gente, persino giornalisti, e sono venute anche molte donne della città, orgogliose della “loro” studentessa.

Elizabeth Blackwell esercitò la medicina negli Stati Uniti e in Inghilterra, e fondò ospedali e scuole di medicina in entrambi i Paesi.

Nel suo diario scrisse: “Lo studio della natura umana da parte delle donne così come degli uomini può portare alla speranza di una intelligente cooperazione tra i due sessi, e solo attraverso questa, un reale progresso può essere raggiunto”.
 

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