Acari e allergia alla polvere

Paese che vai allergia che trovi.
Non sembra essere così per quella all’acaro della polvere, diffusa molto “democraticamente” in ogni angolo del globo. Da Oslo a Città del Capo, da New York a Timbuctu, dietro a quel “Etciù… salute!” ci potrebbe essere proprio lui.
Se della latitudine l’acaro se ne fa un baffo, l’altitudine, al contrario, gli è poco amica: sembra infatti che sopra i 1.500 m di altezza questo piccolo “esserino” non riesca a riprodursi. Ma se le vette non sono la vostra meta preferita e la valigie per la montagna le fate raramente, ecco che cosa si può fare per migliorare la convivenza con questo piccolo artropode, per molti un ospite assai poco gradito.

 

Come si manifesta

Le vie respiratorie sono il bersaglio preferito dell’allergia agli acari, che si può presentare con asma e rinite, meno frequentemente, con congiuntivite o eczema. I sintomi si presentano soprattutto nel periodo invernale, quando, per effetto dell’alta temperatura e dell’alto tasso di umidità, si creano le condizioni ideali per la crescita degli acari.

 

I “cugini” di zecche e ragni

Imparentati con ragni e zecche, gli acari sono piccoli organismi visibili solo al microscopio che vivono nelle nostre case, dove trovano l’ambiente ideale (proliferano meglio a temperature superiori a 25 gradi e a umidità maggiore del 60 per cento) in particolare si annidano in tappeti, imbottiture d’arredamento e materassi. Si attaccano, inoltre, ai vestiti e si nutrono di tutto ciò di organico che trovano nelle case come forfora, peli e squame della pelle. I disturbi sono causati da una reazione allergica dopo l’inalazione delle particelle fecali dell’acaro (grandi non più di pochi milionesimi di millimetro).

 

Prevenire...

La prevenzione gioca un ruolo importante nella “battaglia” contro gli acari della polvere.
Ecco le principali indicazioni di bonifica ambientale consigliate:

- Nell’ambiente domestico tenere una temperatura inferiore ai 22 gradi e umidità inferiore al 50%, quindi aerare frequentemente gli ambienti chiusi o usare impianti di condizionamento d’aria, in modo da ridurre l’umidità.
- Avvolgere materassi e cuscini in una custodia di plastica con cerniera o in un’apposita fodera antiallergica (coprimaterasso e copricuscino “antiacari”). Lavare la biancheria del letto a temperature superiori ai 60 gradi. Esporre frequentemente all’aria e al sole materassi, cuscini, federe e lenzuola. Sostituire i materassi e i cuscini di lana o di piume con altri, per esempio in derivati sintetici della gomma. Ancora più affidabili sono i materassi ortopedici in poliuretano denso che rappresentano un habitat sfavorevole alla riproduzione e allo sviluppo degli acari.
- Sostituire le coperte di lana (soprattutto di lana Merinos che contengono alte concentrazioni di acari) con coperte sintetiche, più facilmente lavabili ad alte temperature.
- Rimuovere accuratamente la polvere dai pavimenti e dai mobili con aspirapolvere dotato di un particolare filtro, chiamato HEPA (High Efficiency Particulate Air filter), o con un panno umido, in modo da non sollevare la polvere. Eliminare moquette e tappeti. Rimuovere tendaggi pesanti e sostituirli con tende lavabili o di materiale sintetico.

 

Terapia sintomatica o iposensibilizzante?

Il primo passo per la giusta terapia è saperla riconoscere. Per questo non bisogna trascurare sintomi come rinite o asma che perdurano per una buona parte dell’anno e portali all’attenzione del medico allergologo che avrà la possibilità di effettuare alcuni test per la diagnosi. Tra questi le prove cutanee (“prick test”) che in molti casi permettono di scoprire la causa delle manifestazioni allergiche. In caso di impossibilità ad eseguire i ‘prick test’ si può procedere con un prelievo di sangue che determina la presenza degli anticorpi specifici per l’allergene sospetto.

Confermata la diagnosi, si inizia con una terapia sintomatica, diretta cioè a ridurre i sintomi dell’allergia utilizzando farmaci antistaminici, cortisonici o broncodilatatori. Quindi si può prendere in considerazione la terapia iposensibilizzante, il cosiddetto “vaccino”.
Fino a qualche anno fa questo tipo di terapia era somministrata per via sottocutanea e veniva fatta esclusivamente in ospedale. Negli ultimi tempi si è diffusa sempre più la modalità sottolinguale, per cui il vaccino può essere preso dal paziente comodamente a casa sua. Si tratta di gocce da prendere a digiuno, al mattino, e che vanno somministrate per almeno 3 anni consecutivi.

Le informazioni medico-scientifiche pubblicate in questo sito si intendono per un uso esclusivamente informativo e non possono in alcun modo sostituire la visita medica.

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