Carcinoma renale

Non se ne sente parlare molto eppure i tumori del rene sono fra i più imprevedibili: non danno segnali per anni, ma talvolta irrompono con una crescita rapida, manifestandosi in maniera aggressiva con sintomi anche gravi.
I dati dicono che l’incidenza del carcinoma renale in Europa e in Italia è aumentata negli ultimi anni di oltre il 30%. Fortunatamente segnali favorevoli arrivano dalle nuove terapie e la sopravvivenza media a 5 anni.

 

Ne parliamo con Salvatore Siena, Direttore dell’Oncologia Falck, per le ultime novità in materia di carcinoma renale.

 

Si tratta di un tumore di cui non si sente parlare così spesso eppure l’incidenza è in aumento. A cosa è attribuibile questo dato?


L’aumento di diagnosi di carcinoma del rene è dovuto soprattutto alla diffusione nella medicina generale di metodiche diagnostiche estremamente sensibili come l’ecografia. L’ecografia, infatti, consente di diagnosticare spesso la presenza di un carcinoma renale anche quando la persona è completamente senza sintomi.

 

Sono migliorate le possibilità di diagnosi, lo stesso vale anche per le terapie?


Dagli anni ’70, l’evoluzione degli approcci terapeutici per il trattamento del carcinoma renale è stata enorme e insieme al miglioramento delle tecniche chirurgiche si è verificato soprattutto lo sviluppo di farmaci efficaci contro questo tipo di tumore, sviluppo che nell’ultimo quinquennio è stato a dir poco vertiginoso. Negli ultimi anni grazie alla ricerca farmacologica sono stati messi a punto trattamenti innovativi che hanno portato a significativi miglioramenti clinici, a un miglioramento della qualità della vita dei pazienti e un prolungamento della loro sopravvivenza.

 

Ci può fare qualche esempio?


Tra le terapie sviluppate recentemente, ottimi risultati hanno raggiunto quelle che utilizzano farmaci di nuova generazione, come il sunitinib, il sorafenib e il bevacizumab, che, impedendo l’afflusso di sangue al tumore, permettono di rallentarne la proliferazione. Ancora più recenti e già disponibili a Niguarda sono i farmaci della classe degli inibitori mTOR ovvero everolimus, che si somministra per bocca, e temsirolimus che si somministra endovena. Entrambi questi farmaci interferiscono con i meccanismi di crescita cellulare contrastando la progressione clinica del carcinoma renale.

 

Che segnali arrivano dal “fronte” della ricerca?


La ricerca clinica e di laboratorio è intensissima anche per una malattia come il carcinoma renale che non è fra i primi 4 “big killers” e i passi avanti negli ultimi anni sono stati considerevoli. La ricerca clinica è finanziata perlopiù da aziende farmaceutiche e da colossi del settore, a mio avviso il fatto che si investa anche per la terapia di malattie non frequenti come il carcinoma renale è un segno di genuinità degli intenti farmaceutici verso il progresso della medicina.

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