Cardiomiopatia ipertrofica: quando il cuore s’ingrossa per colpa dei geni

E’ una delle più diffuse cardiomiopatie di origine genetica e le stime più recenti parlano di una prevalenza di 1 caso su 500 abitanti. Sono questi i numeri della cardiomiopatia ipertrofica, una patologia che porta a un progressivo ispessimento delle pareti del cuore. Le terapie si sviluppano a diversi livelli, puntando su farmaci, chirurgia e, per i casi più a rischio, l’impianto di un defibrillatore o il trapianto.


Come si manifesta

Il ventaglio di sintomi è molto ampio e diversificato: molti pazienti hanno un decorso favorevole in assenza di sintomi, altri, invece, vanno incontro ad aritmie e all’insufficienza cardiaca (che si manifesta principalmente con fiato corto per sforzi anche lievi). In alcuni casi, però, la malattia può portare anche alla morte improvvisa giovanile per arresto cardiaco (specie nelle famiglie in cui ci sono stati casi precedenti).


Diagnosi

Per confermare l’ipotesi diagnostica si ricorre alla visita cardiologica, all’elettrocardiogramma e all’ecocardiogramma. Si procede, quindi, con altre indagini come esami ematochimici ed elettrocardiogramma dinamico. Completano il panel il test da sforzo, il test cardiorespiratorio e la risonanza magnetica cardiaca. Questi accertamenti consentono di valutare la severità della cardiopatia ed il rischio potenziale di complicanze.


Terapie

Il trattamento farmacologico è solitamente la terapia di prima scelta nei pazienti con dispnea o dolore toracico da sforzo. In circa il 20-25% dei pazienti, inoltre, è presente un ostacolo che impedisce il normale svuotamento del cuore. “La maggioranza dei pazienti con la forma ostruttiva sviluppa sintomi d’insufficienza cardiaca che vengono trattati con i farmaci - indica lo specialista della Cardiologia 2 -. Tuttavia, i pazienti con sintomi importanti che non rispondono alla terapia medica sono candidati all’intervento chirurgico di miectomia”.


Quando il defibrillatore

Dalla diagnosi tempestiva al trattamento personalizzato, nel Cardio Center di Niguarda si punta su approccio multidisciplinare a 360 gradi, che può arrivare a prendere in considerazione anche l’impianto di un defibrillatore. “L’esperienza maturata nell’utilizzo della risonanza magnetica cardiaca costituisce un plus non di poco conto - spiega un altro specialista della Cardiologia 2 -. Questo tipo di esame è infatti in grado di quantificare l’estensione e il grado di fibrosi. Questo parametro fornisce informazioni aggiuntive per valutare la scala di rischio, uno strumento che si sta perfezionando in questi ultimi anni, per predire quando l’impianto deldefibrillatore sia una misura salva-vita necessaria”.


La causa è nei geni

I pazienti affetti dalla malattia avranno una probabilità del 50% che la mutazione sia trasmessa ai figli. Tuttavia possono verificarsi casi sporadici di nuove mutazioni che portano alla cardiopatia, senza avere nessun familiare ammalato. Ciononostante il test genetico rimane una potente arma di screening per scoprire la malattia nei familiari e per attivare una sorveglianza medica tempestiva.

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