Colangiocarcinoma

 

Straordinari risultati sotto il profilo dell’accrescimento si possono ottenere con una metodica innovativa utilizzata in pochi centri al mondo, tra cui c’è anche Niguarda. Ma vediamo in dettaglio cos'è e come si combatte il  “colangiocarcinoma”, un tumore che può colpire la cistifellea (o colecisti, l’organo che produce la bile, necessaria per la digestione) oppure le vie biliari che attraversano il fegato e mettono in comunicazione quest’organo con il pancreas e l’intestino.


Fattori di rischio

Il fattore di rischio più comune per questo tumore sono i calcoli biliari: al momento della diagnosi di cancro della cistifellea nella maggior parte dei pazienti (75-90%) viene infatti riscontrata la presenza di calcoli biliari o di processi infiammatori. Tuttavia non è detto che la presenza di calcoli o infiammazione dia origine al tumore, che è, fortunatamente, assai raro.

Il rischio di tumore delle vie biliari aumenta invece in presenza di infiammazione cronica del dotto biliare (colangite cronica) che in alcuni casi porta alla formazione di cicatrici nel dotto stesso (colangite sclerosante).

 

Approcci terapeutici

La chirurgia rappresenta una delle migliori chance terapeutiche, soprattutto per i casi in cui lo stadio della malattia è precoce e localizzato. Esistono oggi delle tecniche d’intervento innovative che assicurano una buona funzionalità epatica anche dopo l’asportazione della parte di fegato colpita dalla patologia.

La colecistectomia è la rimozione chirurgica della cistifellea e generalmente in presenza di un tumore non ci si limita a rimuovere la colecisti ma si estende l'asportazione a una parte del fegato, ai linfonodi e alla via biliare.

“Per il tumore intraepatico viene in genere tolto il tumore stesso e una porzione variabile di tessuto epatico- spiega Luciano De Carlis, Direttore della Chirurgia Generale e dei Trapianti-. L'estensione della rimozione dipende dalle caratteristiche del caso. Ci sono inoltre delle precauzioni da rispettare: il fegato, infatti, è in grado di tollerare l’asportazione purché la stessa non superi il 30-50% del suo volume e purché l'organo sia in buone condizioni”.

Perciò nei casi in cui sia necessaria la rimozione chirurgica del tessuto epatico bisogna assicurarsi che il fegato funzioni al meglio. Non ci deve essere un accumulo della bile e questo si realizza drenando la via biliare con dei piccoli cateteri che possono essere inseriti dai gastroenterologi per via percutanea (piccola incisione sull’addome), andando a creare un canale di scarico artificiale che permetta al fegato di ritornare a lavorare a ritmi normali.

Inoltre se si prevede di dover rimuovere una grande quantità di tessuto si può preparare il fegato attraverso l'embolizzazione (occlusione) del ramo di vena porta che irrora la parte da togliere. Questa manovra, realizzata dal radiologo interventista sotto guida angiografica, indurrà nell'arco di qualche settimana la riduzione della porzione embolizzata e l'aumento di volume di quella ancora ben vascolarizzata. Solo dopo l’accrescimento si potrà procede con l’intervento di asportazione.

 

 La metodica innovativa utilizzata a Niguarda si chiama Associating Liver Partition and Portail vein ligation for Staged hepatectomy (ALPPS): in questi casi i vasi che portano il sangue alla parte malata del fegato vengono chiusi chirurgicamente, contemporaneamente viene eseguito il taglio che separa la parte sana da quella malata, ma senza nessuna asportazione, che sarà realizzata mediante una seconda sessione chirurgica. I risultati sono stupefacenti: bastano 7-9 giorni perché il fegato si accresca ad un livello tale per poter procedere con la rimozione. I meccanismi alla base di questa accelerazione non si conoscono con chiarezza, la comunità medico-scientifica di tutto il mondo sta indagando.


Colangioscopia

Viene utilizzatà solo su pazienti selezionati. Per i casi con calcoli di difficile estrazione o in cui c’è il sospetto di malattia oncologica alle vie biliari. Può essere utile, anche, per la stadiazione di alcuni tumori superficiali che con la TAC non si riescono ad evidenziare. In questi casi grazie alla visione diretta offerta dal colangioscopio, si può valutare direttamente l’estensione del tumore. Oggi ci sono delle importanti novità. Grazie all'utilizzo di mini-endoscopi monouso, gli specialisti possono contare su strumenti efficaci a costi contenuti. Queste nuove possibilità consentono una diagnosi differenziale più rapida per i casi in cui si sospetta una neoplasia delle vie biliari. Permettono, inoltre, di trattare efficacemente in una singola seduta i casi difficili di calcolosi delle vie biliari. Infine nelle neoplasie benigne delle vie biliari e del pancreas, gli endoscopi monouso consentono una chiara descrizione anatomica dell’estensione della malattia, così da avere un trattamento chirurgico più appropriato e meno demolitivo.

 

 

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