Endoscopia: la chirurgia dell'orecchio

La chirurgia endoscopica in otorinolaringoiatria

Zero incisioni. Questo è l’obiettivo della chirurgia mini invasiva endoscopica dell’orecchio. Se oggigiorno ormai siamo quasi abituati a sentir parlare di chirurgia mininvasiva in cardiochirurgia, chirurgia generale, urologia, ginecologia o ortopedia, forse lo siamo un po’ meno in tema di otorinolaringoiatria. 

Fino agli inizi degli anni ‘90, la tecnica principe del trattamento delle patologie otorinolaringoiatriche e in particolare quelle dell’orecchio è consistita nell’utilizzo del microscopio. Una procedura chirurgica estremamente valida che, tuttavia, richiede delle incisioni. Costringe, infatti, a effettuare un distaccamento del padiglione auricolare per avere più facile accesso alla cassa del timpano e comunque fornisce una visione limitata dell’orecchio medio, soprattutto nei casi in cui il condotto uditivo sia particolarmente stretto e tortuoso.
Attorno agli anni 2000 ha iniziato però a prendere piede e a essere sempre più utilizzata anche nel trattamento dei disturbi dell’orecchio la procedura mininvasiva endoscopica

Facciamo però un piccolo passo indietro. In generale la chirurgia mininvasiva, cioè con incisioni piccolissime al contrario della “chirurgia open”, può essere fatta con la tecnica laparoscopica (con strumenti introdotti in piccole incisioni per accedere agli organi all’interno di addome e pelvi), con la chirurgia robotica (in cui si utilizza appunto un robot controllato da remoto) oppure attraverso l’endoscopia.
Nello specifico dell’orecchio, si sfrutta quest’ultima tecnica, per cui viene introdotta una telecamera all’interno del condotto auricolare che permette di oltrepassare i naturali “ostacoli” organici e accedere alla cassa del timpano senza dover effettuare incisioni.

L’endoscopia presenta numerosi vantaggi, tra cui una migliore visione dell’anatomia dell’orecchio, l’assenza di incisioni di grandi dimensioni e un miglior recupero postoperatorio. Con la pratica endoscopica si possono osservare anche meno complicanze post operatorie, come per esempio il senso di vertigini, oltre che un numero ridotto di casi di disgeusia, ovvero alterazioni nel senso del gusto (con l’endoscopia si può salvaguardare la chorda tympani, un ramo del nervo facciale deputato all’innervazione delle papille gustative, cosa non sempre possibile con la tecnica con incisioni).
La chirurgia “classica” con il microscopio richiede in media almeno 2-3 giorni di degenza, con quella che utilizza l’endoscopio solitamente il paziente può lasciare l’ospedale il giorno dopo se non addirittura il giorno stesso. 

A Niguarda vengono svolti dai 50 ai 100 interventi endoscopici all’anno per gestire diverse patologie otologiche, come l’otosclerosi, una malattia multifattoriale dalla causa ancora ignota che colpisce la capsula interna dell’orecchio e che provoca ipoacusia, ovvero la riduzione o totale perdita dell’udito. Un altro disturbo comunemente trattato con la chirurgia mininvasiva è il colesteatoma, una forma di otite media cronica con un accumulo dell’epitelio all’interno della cassa del timpano che può anche erodere la componente ossea dell’organo.

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