Insufficienza cardiaca

Un nuovo possibile farmaco

Affanno, mancanza di respiro (dispnea), affaticamento, ritenzione di liquidi con gonfiore alle gambe o all’addome soprattutto, ridotta capacità di compiere attività fisiche. Sono i sintomi ricorrenti di una patologia, l’insufficienza cardiaca, che rappresenta la principale causa di ospedalizzazione al mondo e colpisce tanto gli uomini che le donne: il 30% dei pazienti, a causa di un peggioramento dei sintomi, deve purtroppo ritornare in ospedale dopo tre mesi dall’evento stesso. In Italia sono circa 1.000.000 i pazienti affetti da questa patologia: si stima che la prevalenza raddoppi a ogni decade di età (dopo i 65 anni arriva al 10% circa) con una previsione di crescita media del 2,3% nei prossimi 10 anni.

L’insufficienza cardiaca si caratterizza per l’incapacità del cuore di assolvere alla sua normale funzione contrattile di pompa che garantisce l’apporto fisiologico di sangue a tessuti e organi. Diverse sono le cause riconosciute: può insorgere come conseguenza di un infarto, dall’ipertensione arteriosa mal controllata, da malfunzionamento delle valvole cardiache, da infezioni virali pregresse con interessamento del muscolo cardiaco (miocarditi); in alcuni casi non è possibile riconoscere una causa iniziale (forma idiopatica). Nonostante i progressi di trattamento, la patologia ha una prognosi di sopravvivenza paragonabile o peggiore a quella descritta per le neoplasie più aggressive. Infatti, a un anno dalla diagnosi di insufficienza cardiaca, la mortalità si aggira intorno al 20-25%.

I pazienti affetti da insufficienza cardiaca, inoltre, hanno un elevato rischio di peggioramento, con un’intensificazione rapida o graduale dei sintomi che richiedono cure come la somministrazione di diuretici per via endovenosa in emergenza/ambulatorio, o anche il ricovero in ospedale. Tale peggioramento, oltre a generare un impatto negativo sulla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie, ha un notevole onere economico. Secondo i dati del Report PNE 2022, nel 2021 sono stati registrati circa 127 mila ricoveri per pazienti con insufficienza cardiaca e si stima che questa condizione copre il 2% della spesa complessiva del Sistema Sanitario Nazionale.

La terapia raccomandata si fonda sui cosidetti “4 pilastri”: gli antagonisti del sistema renina-angiotensina (RAASi)-ARNI, i beta-bloccanti, gli anti-aldosteronici (MRA) e gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio (SGLT2i). Negli ultimi anni le linee guida per il trattamento hanno cambiato radicalmente l’approccio al paziente con insufficienza cardiaca. A partire da un approccio graduale, che prevedeva l’aggiunta di ogni farmaco in modo sequenziale, le nuove indicazioni sono quelle di prescrivere da subito tutte le classi farmacologiche disponibili, modulandone i dosaggi. In questo modo si è visto un miglioramento significativo della sopravvivenza dei pazienti con insufficienza cardiaca. Nonostante l’utilizzo di queste terapie ottimizzate, persiste un rischio residuo di peggioramento e di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco.

Il rischio frequente di un peggioramento clinico sottende in realtà la necessità di disporre di altre cure più efficaci che consentano di ridurre i ricoveri e la mortalità. Recentemente è entrato nella pratica clinica un nuovo farmaco, vericiguat, che agisce in modo incisivo su quei pazienti già trattati secondo gli standard raccomandati dalle linee guida, ma che vanno incontro a un nuovo peggioramento.

Vericiguat è un farmaco per lo scompenso cardiaco con un meccanismo d’azione inedito per questa condizione. Infatti a differenza degli altri, già in uso, il principio attivo agisce sulla via dell’ossido nitrico (NO), composto che va a stimolare l’attività a cascata di una serie di enzimi con l’effetto finale di migliorare le funzioni cardiache e vascolari.

Con l’introduzione di questo nuovo farmaco in associazione alla “quadruplice terapia”, si è visto che si riesce a ridurre la mortalità e le ospedalizzazioni in maniera significativa, in assenza di effetti collaterali maggiori. Inoltre, si registra un miglioramento della qualità di vita, che per il paziente con insufficienza cardiaca è fondamentale. Siamo in attesa di ulteriori risultati su campioni più numerosi per considerare di fatto il vericiguat come il “quinto pilastro” nel trattamento dell’insufficienza cardiaca.

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