Ipercolesterolemia omozigote

L’ipercolesterolemia è tra le patologie metaboliche più frequenti: circa il 20% degli italiani ha il colesterolo oltre i 240 mg, un valore a rischio.

Un numero esiguo di persone però presenta forme di ipercolesterolemia genetica, correlata ad anomalie del recettore Ldl delle lipoproteine.
Di norma, il colesterolo viene, infatti, captato dalle cellule tramite un sistema recettoriale che ne riduce la sintesi.
In Italia circa 20.0000 persone presentano però un difetto genetico, localizzato su uno dei due cromosomi 11, che codificano il recettore. Come conseguenza di questo, il colesterolo supera quota 400 mg.
Alcuni individui (circa 50-100 in Italia) presentano un difetto ancor più raro e grave che coinvolge entrambi i cromosomi 11; in queste persone il colesterolo supera i 500 mg, arrivando anche fino a quota 1000. I primi pazienti (mutazione su un solo cromosoma 11) sono i cosiddetti “eterozigoti”, i secondi (mutazione su entrambi i cromosomi 11) sono gli “omozigoti”. Se questi ultimi non vengono trattati, il colesterolo si accumula nelle arterie, causando la morte per malattia coronarica prima dei trent’anni.

 

Diagnosi e trattamento

La diagnosi di ipercolesterolemia familiare può essere fatta clinicamente, sulla base dell’anamnesi personale e familiare del soggetto ed in presenza di alcuni segni clinici che sono indicativi della patologia. Un sintomo tipico è la comparsa di xantomi, accumuli di grasso, che si possono formare a livello dei tendini, della cute, dei gomiti e delle ginocchia.

 

Fino ad oggi la strategia terapeutica disponibile includeva le statine, che però sono poco efficaci, e la Ldl- aferesi (o plasmaferesi), una tecnica simile alla dialisi che ha la funzione di ripulire le arterie dall’eccesso di colesterolo.

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