Mutazione del fattore V di Leiden e trombofilia congenita

A volte il rischio aumentato di poter andare incontro ad una trombosi può essere scritto nei nostri geni.
Succede in caso di trombofilia congenita dovuta al fattore V di Leiden. Chi presenta questa caratteristica ha, infatti, una mutazione nel proprio corredo genetico che predispone il sangue ad una più marcata
tendenza a coagulare. Niente paura, con un’adeguata sorveglianza e le contromosse necessarie, la
condizione può essere facilmente tenuta sotto controllo.
 

Nel 3-4% della popolazione

La trombofilia è la tendenza a sviluppare dei trombi nel circolo venoso, dei coaguli che possono comportarsi come dei “tappi”, andando ad ostruire la circolazione in diversi distretti del corpo. Il fattore V
di Leiden è una delle condizioni più comuni di trombofilia genetica interessa il 3-4% della popolazione, anche se in molti pazienti la condizione è presente ma spesso non viene diagnosticata . 
 

Omozigote ed eterozigote

Esistono due possibili assetti genetici: quello omozigote, più raro, in cui il profilo di rischio per la trombosi
aumenta dalle 50 alle 100 volte, perché il paziente ha entrambe le copie del gene mutate. Al contrario la forma eterozigote, più diffusa, porta a un rischio di trombosi più sfumato (5-10 volte), perché il paziente
riceve da un solo genitore la copia mutata del gene.
 

Cosa comporta

Ci sono situazioni da segnalare: in particolare se si assumono preparati che contengono estrogeni (pillola
anticoncezionale o farmaci per controllare i problemi della menopausa); nel puerperio (il periodo dopo il parto) ed in gravidanza, poi, la probabilità di trombosi aumenta ulteriormente. Le pazienti con mutazione che assumono la pillola, contenente estrogeni, presentano un rischio maggiorato, quindi per loro è per lo più sconsigliato il ricorso a questo anticoncezionale. Altre situazioni che meritano un’attenzione in più e che possono richiedere una profilassi antitrombotica con eparina a basso peso molecolare (per “fluidificare il sangue”), sono gli interventi chirurgici, i politraumi, e i periodi di immobilizzazione a letto prolungati, ad esempio per fasciature o gessi. Allo stesso modo bisogna tenere gli occhi ben aperti in altri frangenti con scarse possibilità di movimento delle gambe, come i lunghi viaggi. In particolare per gli spostamenti in aereo che superano le 6-8 ore di durata, può essere indicata la profilassi farmacologica.


In gravidanza

In gravidanza può essere indicato un monitoraggio. Sono sufficienti i normali esami del sangue prescritti dal proprio ginecologo. Situazioni di allerta possono derivare dall’andamento della crescita fetale: se ridotta, deve essere valutato il ricorso alla profilassi con eparina. Con un buon monitoraggio la gravidanza generalmente non presenta problemi (più attenzione meritano le pazienti omozigoti, per cui è utile una profilassi prolungata con eparina). Il puerperio richiede invece sempre la profilassi con eparina per 6 settimane, anche nelle donne eterozigoti.

Le informazioni medico-scientifiche pubblicate in questo sito si intendono per un uso esclusivamente informativo e non possono in alcun modo sostituire la visita medica.

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