Parkinson: in Italia quasi 300.000 pazienti

La ricerca continua la sua parabola contro la malattia di Parkinson, una patologia che in Italia colpisce quasi 300.000 persone e per cui saranno necessari ulteriori sforzi per comprenderne a fondo le cause. Si tratta diuna malattia neurodegenerativa (la seconda per diffusione dopo l’Alzheimer) dovuta alla progressiva morte delle cellule nervose (neuroni) nella cosiddetta sostanza nera, una piccola zona del cervello che produce il neurotrasmettitore dopamina, necessario per controllare i movimenti di tutto il corpo. 

La malattia insorge prevalentemente intorno ai 60 anni, ma nel 10% dei casi l’esordio può avvenire prima dei 40. “Sintomi tipici sono la bradicinesia, ossia la difficoltà e la lentezza nei movimenti, il tremore e la rigidità - spiega il Direttore Neurologia e Stroke Unit - .Spesso, nella fase avanzata la malattia, si accompagna ad altri disturbi non motori quali: dolori muscolo-scheletrici, stipsi, disfunzioni sessuali, eccesso di salivazione (scialorrea) e calo del tono della voce. Ancora: difficoltà di deglutizione, insonnia, sonnolenza diurna, depressione, ansia, perdita di memoria, difficoltà di ragionamento, di pianificazione e di comprensione. Tuttavia, alcuni di questi sintomi non motori possono addirittura anticipare di molto tempo la comparsa della patologia”. Ed è su questi che si stanno concentrando gli esperti per diagnosi sempre più precoci. Perché per un buon controllo della patologia la tempestività è fondamentale.

La diagnosi in prima battuta si basa sulla storia clinica del paziente e sull’esame neurologico durante la visita. Poi si passa ad esami strumentali come la risonanza magnetica nucleare e una tecnica di neuroimaging specifica, la Spect che,con la somministrazione del tracciante Datscan, permette di quantificare l’attività dopaminergica residua. Per il completamento diagnostico si può ricorrere alla tomografia ad emissione di positroni (Pet). Un criterio di valutazione importante rimane la risposta ai farmaci specifici: se il malato risponde alla terapia dopaminergica e migliora con un trattamento adeguato e protratto sufficientemente a lungo, la diagnosi di malattia di Parkinson è molto probabile.

Ad oggi non esiste cura che sia in grado di far regredire la malattia. Ci sono però terapie farmacologiche che agiscono sui sintomi con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita. “La levodopa è la medicina più efficace per la terapia - indica lo specialista -. Si tratta di un precursore della dopamina che sopperisce alla carenza di questo neurotrasmettitore. Purtroppo uno dei limiti riguarda l’efficacia nel tempo della terapia: dopo alcuni anni di somministrazione compaiono diversi effetti collaterali. Per questo è necessario ricorrere a terapie complementari come i farmaci dopaminoagonisti, gli inibitori enzimatici e gli anticolinergici”. Negli ultimi anni la riabilitazione si sta ritagliando un ruolo sempre più di primo piano. In casi selezionati, inoltre, può essere indicata la deep brain stimulation, che sfrutta l’impianto di congegni simili a dei pacemaker per andare a stimolare con sottili elettrodi determinate aree del cervello. 

 

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