SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA Mens sana in corpore sano

La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale che colpisce i neuroni del movimento senza intaccare le funzioni intellettive del paziente.

La parola a Ignazio Renzo Causarano, resposabile della struttura di Cure Palliative e Hospice
 

Casistica

L’incidenza stimata è di 1,5-2 casi su 100.000 persone all’anno, un valore che sembra essere in aumento. La SLA più raramente esordisce prima dell’età di 20 anni, per lo più compare dopo i 40 anni; l’età media di insorgenza si colloca intorno ai 58 anni. La durata media della malattia è intorno ai 3-4 anni, il 10% dei pazienti sopravvive oltre 10 anni e in singoli casi la malattia può durare per diverse decadi.


Sintomi

La debolezza o rigidità muscolare rappresentano i primi sintomi principali della SLA (75% dei casi); altri manifestano invece un “esordio bulbare” (25% dei casi) con difficoltà nell’articolare la parola, sino ad arrivare alla perdita della comunicazione verbale.


Conseguenze

La malattia porta a perdita progressiva e irreversibile della normale capacità di deglutizione (disfagia), dell'articolazione della parola (disartria) e del controllo dei muscoli scheletrici, con una paralisi che può avere un'estensione variabile, fino alla compromissione dei muscoli respiratori, alla necessità di ventilazione assistita e quindi alla morte.

Sembra incredibile, ma ci sono persone che riescono a vivere ed eccellere nel proprio lavoro anche senza parola o capacità di movimento. Degli esempi? Stephen Hawking, forse il più grande fisico dei nostri giorni, e in casa nostra Luca Concioni, recentemente scomparso, docente e ricercatore universitario di Economia Ambientale e soprattutto figura attiva nel sociale e nella politica del nostro paese.


Ma esiste una cura?

I trattamenti attualmente disponibili per la SLA non sono ancora soddisfacenti. Il riluzolo è l’unico farmaco registrato in Europa per la cura della SLA. In due studi clinici si è dimostrato efficace nel rallentare l’evoluzione della malattia aumentando la sopravvivenza di 3/6 mesi e in uno studio retrospettivo si è dimostrato in grado di stabilizzare una malattia di grado intermedio più a lungo rispetto ai controlli.”

 

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