Tac e radiografie in gravidanza: quando si può?

Esami radiologici come una tac, una risonanza magnetica, una radiografia, possono essere fatti in gravidanza? E con quali precauzioni? Ne abbiamo parlato con lo specialista della Fisica Sanitaria.


Il medico decide se è necessario. Se sì, si procede con le dovute precauzioni

Il primo passo è valutare se è veramente necessario fare l’esame o se si può rimandare a dopo il parto; allo stesso modo si stabilisce se sono possibili esami alternativi, come l’ecografia. Se una donna ha la reale necessità di sottoporsi all’accertamento radiologico, è bene che non vi rinunci. In questo caso è però opportuno prendere una serie di precauzioni per ridurre al minimo i rischi di recare danno al feto. “Innanzitutto è necessario ottimizzare la quantità delle radiazioni: è infatti possibile regolare l’apparecchiatura in modo da ricorrere alla minor dose possibile per ottenere comunque una buona immagine ai fini diagnostici- spiega Colombo-. Un altro importante accorgimento da adottare prevede di ridurre il più possibile il campo delle radiazioni, in modo da non irradiare il feto”.
Con queste precauzioni è quindi possibile, ad esempio, fare una radiografia al torace senza rischi per il feto. La miglior prevenzione passa sempre e comunque da questa mossa: informare il radiologo della gravidanza anche nel caso non sia certa o non si possa escludere, insieme si sceglierà la soluzione migliore.


Maggior cautela nel primo trimestre di gravidanza

Il periodo più delicato, in cui le radiazioni possono essere pericolose anche a dosaggi inferiori, sono le prime settimane di gestazione (fino alla fine del primo trimestre), quando si ha l’impianto dell’embrione e la formazione degli organi. Questo periodo è quello più delicato anche perché può capitare che la donna si sottoponga agli esami senza ancora sapere di essere incinta.


Nessun pericolo se la radiografia interessa una zona lontana dalla pancia

In generale, se la radiografia o la tac interessa aree lontane dall’addome, come una gamba, un braccio, la testa, la dose di radiazioni che raggiunge il feto è davvero trascurabile, quindi il rischio è molto ridotto. Stesso discorso per la mammografia, in cui le radiazioni arrivano solo al seno.


Soglia di sicurezza: ci vogliono più esami per essere a rischio

Il Comitato Internazionale di Radioprotezione indica che la soglia di pericolosità durante la gravidanza si raggiunge oltre i 100 milligray (sigla mGy, è l’unità di misura che indica la dose di radiazione assorbita), vale a dire una dose che, ad una stima indicativa, richiede almeno dalle 3 alle 5 tac o 10-20 radiografie a livello addominale o lombare. “Se invece la dose di radiazioni alla quale il feto viene esposto è inferiore ai 100 mGy, la probabilità di aborto o di danno al nascituro è assimilabile a quella di una comune gravidanza. Per cui anche se ci si fosse sottoposti ad un esame con irraggiamento addominale, non c’è da allarmarsi ma bisogna informare comunque il medico radiologo e il ginecologo per le specifiche valutazioni- indica lo specialista”.


Risonanza magnetica in gravidanza

La risonanza magnetica non utilizza radiazioni ionizzanti, come la tac e le radiografie, ma utilizza campi elettrici e magnetici. “La letteratura scientifica ci dice che non esistono prove di danni al feto -spiega il medico-. Tuttavia, anche se non vi sono evidenze scientifiche, in via cautelativa si sconsiglia la risonanza nel primo trimestre, perché i campi magnetici potrebbero riscaldare i tessuti e fare aumentare la temperatura del feto oltre la soglia di sicurezza. Si tratta, però, di una precauzione generale, ma nei casi specifici il radiologo valuterà la reale necessità

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