Trapiantato un fegato a 20 ore dal prelievo

Grazie ad un nuovo macchinario per la rigenerazione e la preservazione dell’organo.

L’idea alla base è abbastanza semplice quanto rivoluzionaria: sfruttare la più moderna tecnologia per allungare il periodo cuscinetto tra il prelievo dell’organo e il trapianto, in modo da preservare e rigenerare il fegato per arrivare al trapianto in condizioni ottimali.

E’ successo nei giorni scorsi a Niguarda, dove la nuova procedura ha consentito di salvare la vita ad una paziente in lista d’attesa per una malattia epatica terminale. Il tempo trascorso tra il prelievo e il trapianto rappresenta un vero e proprio record a livello nazionale e internazionale: sono trascorse, infatti, ben 20 ore.

“Il fegato ha avuto una ripresa funzionale immediata e la paziente verrà trasferita in degenza ordinaria nelle prossime ore con esami epatici praticamente normali - spiega Luciano De Carlis, Direttore della Chirurgia Generale e dei Trapianti-”.

 

Normalmente cosa succede?

Dopo il prelievo l’organo viene immediatamente conservato in condizioni di ipotermia. La bassa temperatura, circa 4C°, consente infatti una riduzione del metabolismo cellulare con un minor deterioramento dei tessuti. Ma l’esclusione dalla circolazione sanguigna innesca quello che viene chiamato processo di ischemia: in pratica, la mancata ossigenazione può causare danni  irreversibili che portano a rendere l’organo inutilizzabile per il trapianto dopo un periodo variabile, dalle 8 alle 12 ore, dal momento prelievo.  
Ci si trova, così, a fare i conti con una corsa contro il tempo.
E’ a questo livello che entra in gioco il nuovo macchinario dentro cui viene alloggiato il fegato. 
Nel complesso è simile ad un carrello trasportabile e al suo interno l’organo (sempre in condizioni di ipotermia)  viene collegato ad una pompa con una circolazione sanguigna artificiale. In questo modo si assicura la fisiologica ossigenazione dei tessuti, che vengono purificati dalle “tossine” e rigenerati.

“L’organo, che si va a trapiantare, si trova, così, in condizioni migliori- indica De Carlis-. In seconda battuta il macchinario consente di allungare i tempi di trasporto, permettendo di andare a reperire donazioni in centri ancora più distanti. Infine la conservazione prolungata consente di non stravolgere l’attività in sala operatoria per dare spazio a queste urgenze”.

La nuova tecnologia si inserisce nel solco delle nuove possibilità trapiantologiche per fare fronte alle continue richieste delle liste d’attesa. In quest’ambito, giusto un anno fa, proprio a Niguarda si “tagliava il nastro”del primo trapianto di fegato a cuore non battente. Allora, per la prima volta a livello nazionale, si andava ad utilizzare un fegato prelevato da un donatore, che non si trovava in uno stato di morte cerebrale (il decesso, infatti, era sopraggiunto dopo l’arresto dell’attività cardiaca).

Anche grazie all’utilizzo del nuovo macchinario per la perfusione, il programma di trapianto di fegato a cuore non battente si è perfezionato. Si è così concentrata nel Niguarda Transplant Center la quasi totalità della casistica italiana.

“Fino ad oggi abbiamo eseguito 8 trapianti di questo tipo- sottolinea De Carlis-, tutti coronati da un pieno successo clinico. I casi costituiscono l'unica serie italiana di trapianti di fegato da donatore a cuore non battente”.

Ogni passo in avanti messo a disposizione dalla ricerca medica e tecnologica è un’occasione da sfruttare per abbattere l’attesa media di oltre 1 anno, che si prospetta in Italia per le oltre mille persone in lista per un trapianto di fegato.  

 

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