Una questione di tempo: i farmaci anti-infettivi contro il Sars-Cov-2

Anticorpi monoclonali e farmaci antivirali, decisiva la tempestività di somministrazione

 Una questione di tempo: i farmaci anti-infettivi contro il Sars-Cov-2

A distanza di oltre due anni dall’inizio della pandemia, il vaccino rimane l’unico strumento davvero efficace per ridurre in maniera considerevole i casi gravi, i ricoveri in ospedale e i decessi. Attualmente i soli farmaci anti-infettivi che possono agire sulla replicazione del virus SARS-CoV-2 sono gli anticorpi monoclonali (molecole biologiche create in laboratorio in grado di riconoscere e neutralizzare un agente patogeno impedendogli di entrare nelle cellule) e gli antivirali.

Si tratta, però, di terapie utilizzabili solamente in uno specifico target di pazienti: le persone con condizioni di salute che le espongono, in caso di COVID-19, a un elevato rischio che la malattia si sviluppi in una forma grave (in particolare: importante obesità, immunodepressione, neoplasia o malattia ematologica, patologie polmonari o cardiache scompensate, diabete scompensato, problematiche neurologiche con problemi respiratori).

Per raggiungere gli effetti desiderati sia con i farmaci antivirali che con gli anticorpi monoclonali, è decisiva la tempestività: la somministrazione è utile nelle fasi precoci, su pazienti con un’infezione recente da Sars-CoV-2 non gravemente malati e che non hanno in corso polmonite o forte infiammazione. Oltre alla tempistica, l’utilizzo di questi farmaci è fortemente limitato dalla loro disponibilità e dalla logistica della somministrazione.

L’infusione degli anticorpi monoclonali può avvenire solo in ospedale e oltretutto la terapia non è ugualmente idonea contro tutte le varianti: “Non esistono anticorpi monoclonali universali: ogni tipologia si lega alla proteina spike del Coronavirus in un punto specifico che nelle varianti può mutare - spiega Massimo Puoti, Direttore del reparto di Malattie infettive - e al momento solo uno risulta in qualche modo efficace contro Omicron: il Sotrovimab”.

Per quanto riguarda gli antivirali, invece: “Il Paxlovid è un farmaco somministrabile per via orale che si è dimostrato in grado di ridurre dell’89% le ospedalizzazioni dei soggetti paucisintomatici (ovvero che non hanno bisogno di ossigenoterapia) in fase iniziale di malattia. Per questo viene indicato come prima opzione terapeutica dalle linee guida del National Institute of Health statunitense; tuttavia presenta importanti interazioni con altri farmaci comunemente assunti dai soggetti a rischio. Il Remdesivir, ugualmente efficace, va somministrato per via endovenosa per tre giorni, quindi con maggiori complicazioni di gestione ospedaliera rispetto agli anticorpi monoclonali. Il Molnupiravir, che ha l’indubbio vantaggio di poter essere assunto per via orale, se preso entro 5 giorni dall’inizio dei sintomi, riduce del 30% la probabilità di ricovero; purtroppo però non si tratta di una barriera ottimale perché, a conti fatti, con una ospedalizzazione che si attesta al 14% dei pazienti, occorre dare 100 trattamenti per ottenere 4 ricoveri in meno

Per accedere alle terapie con anticorpi monoclonali o farmaci antivirali, è fondamentale quindi arrivare in tempi rapidi all’individuazione dell’infezione o del rischio come contatto stretto: in questi casi il medico di riferimento del paziente, o il paziente stesso, deve mettersi in contatto con il centro di Malattie Infettive più vicino. “A Niguarda è attivo un Day Hospital COVID dedicato specificatamente alla gestione delle terapie di questo tipo”- spiega Puoti. “I pazienti trattati in ambulatorio sono positivi al tampone, seguiti presso la nostra struttura per altre problematiche (patologie oncologiche, immunodepressione, ecc.) oppure individuati sul territorio o in Pronto Soccorso, tutti con fattori di rischio che possano far temere un aggravamento della malattia”.

Da marzo è inoltre disponibile una terapia preventiva che garantisce una copertura di alcuni mesi, destinata a pazienti ad alto rischio che non possono vaccinarsi o nei quali il vaccino potrebbe non generare un’adeguata risposta immunitaria: si tratta di Evusheld, un’associazione di due anticorpi monoclonali. A differenza degli altri trattamenti, la somministrazione deve però avvenire in assenza di infezione.

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