Una task force contro il dolore toracico

Quali sintomi fanno sospettare l’infarto, ecco come si interviene


Immaginiamo il pronto soccorso di un grande ospedale, come quello di Niguarda ad esempio. Guardiamoci attorno: mediamente un paziente su 20 di quelli che sono in sala d’attesa è lì a causa di un dolore toracico. Un sintomo diffuso, diffusissimo, che può essere un campanello d’allarme ad ampio raggio dietro cui si possono celare molte patologie di natura differente. Da condizioni ad altissimo rischio come l’infarto, l’embolia polmonare e la dissecazione aortica, fino ai disturbi gastrici come il reflusso gastroesofageo. A scatenarlo ci possono poi essere cause muscolari o infiammazioni; a volte può trattarsi di un disturbo psicosomatico: tutti però possono esordire con quel fastidio che nasce sul petto.


Una task force per 5.000 pazienti l’anno

Andare a capire di cosa si tratta senza perdere tempo, è questo l’obiettivo della task force di esperti composta da cardiologi, cardiochirurghi, medici dell’emergenza-urgenza, radiologi  e infermieri che a Niguarda si prende cura di questi pazienti, secondo un protocollo standardizzato e condiviso, una check-list, fatta di procedure, valutazioni cliniche, ed esami strumentali o di laboratorio, pensata per arrivare ad una diagnosi precisa e veloce.
Sono circa 5.000 i pazienti che si presentano ogni anno al pronto soccorso di Niguarda per un dolore toracico, di questi circa un terzo viene ricoverato.
Per fortuna, come ci dicono i dati, la maggior parte degli accessi è per cause minori che consentono il ritorno a casa in tempi rapidi. Ma un dolore toracico che esordisce spontaneamente, cioè non dovuto a traumi o contusioni, merita sempre una valutazione medica a breve termine.


Probabilmente è infarto se…

Da soli non è possibile distinguere fra un dolore toracico segno di una malattia seria e uno che non ha un significato clinico rilevante, però ci possono essere degli indizi che con una buona probabilità possono indirizzare su una coronaropatia (cioè su una malattia ischemica del cuore).

Il quadro tipico?
Un dolore che inizia dietro allo sterno, sulla parte sinistra del torace o in prossimità della bocca dello stomaco, che opprime come una morsa e che tende ad irradiarsi a braccia, spalle, schiena, collo e mandibola. Se poi ci sono pure nausea, sudorazione, difficoltà a respirare, la probabilità che si tratti di infarto è davvero alta.  

Se alla domanda “dove sente dolore?” il paziente risponde indicando un punto con un dito, quasi sempre si può escludere la causa ischemica; se gli viene naturale toccarsi il petto con la mano aperta, molto probabilmente si tratta di un problema al cuore. Esistono poi categorie di pazienti in cui questi quadri possono essere più sfumati, e se non si presta la dovuta attenzione si rischia di non formulare la giusta diagnosi.
Tra i pazienti che più frequentemente hanno presentazioni atipiche vanno ricordati gli anziani, le donne, i diabetici, i pazienti con disturbi cognitivi, ictus, insufficienza renale e scompenso cardiaco cronico.


Ischemia: cosa succede

Se le coronarie sono ostruite da placche aterosclerotiche, la richiesta di ossigeno del muscolo cardiaco non viene soddisfatta, così il flusso di sangue in alcune zone dell'organo diminuisce o si azzera temporaneamente. È questo che provoca il dolore, la cosiddetta angina pectoris che in genere si manifesta sotto sforzo, quando il cuore lavora di più. In caso di angina, però, il dolore passa dopo qualche minuto, se c'è un infarto in atto non smette, anzi peggiora. In questi casi è d’obbligo chiamare subito il 118. I soccorritori giunti sul posto potranno effettuare un elettrocardiogramma, che verrà letto a distanza in unità coronarica. Se il tracciato riporta le anomalie d’onda tipiche dell’infarto, il paziente viene immediatamente trasportato in sala di emodinamica senza passare dal pronto soccorso: con un’ischemia in atto più è veloce il trattamento più tessuto cardiaco si può salvare.


Riaprire la via

Andare a “riaprire la strada”, è questo l’obiettivo dell’angioplastica. Una procedura mini-invasiva che si realizza grazie all’inserimento di speciali cateteri che da piccole incisioni, o a livello del braccio o dell’inguine, raggiungono l’ostruzione nella coronaria per renderla nuovamente pervia.
L’intervento si realizza in anestesia locale e consente dapprima di aspirare il trombo per poi ripristinare la circolazione attraverso l’espansione di un’endoprotesi con una struttura a rete metallica chiamata stent.
Dopo aver compresso la placca contro la parete del vaso, lo stent viene portato alla massima espansione all'interno dell'arteria.
La tecnologia oggi ci mette a disposizione endoprotesi di ultima generazione: da quelle completamente riassorbili a quelle che rilasciano farmaci. Per tutti i pazienti dopo l’intervento è fondamentale impostare e seguire una corretta terapia anti-aggregante, almeno finché l’endotelio (ndr, la parete) della coronaria non si sia completamente ristabilito. Ogni anno sono circa 700 le angioplastiche effettuate a Niguarda, nella casistica sono conteggiati sia gli interventi in regime di urgenza che quelli programmati.

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