“L’ovodonazione è, in genere, l’ultima spiaggia per le donne che, per problemi di infertilità o patologie, non possono ricorrere ai propri ovociti per una gravidanza. Credo che tutti debbano avere l’opportunità di crearsi una famiglia e di poter avere la vita che desiderano”

Da donna a donna

"Lo rifarei assolutamente”. È questo il primo pensiero di Beatrice (nome di fantasia), tra le prime donne in Italia ad aver effettuato una donazione volontaria di ovuli.

Ventitré ovociti destinati ad aiutare, altruisticamente e anonimamente, altre donne che non hanno la possibilità di realizzare il sogno di diventare mamme. Un gesto generoso, bello. Eppure intorno a questo tema c’è ancora diffidenza e soprattutto disinformazione.

Come nasce l’idea di donare i propri ovuli? “Tutto è cominciato dall’esperienza di due mie amiche che, per problemi di fertilità, avevano dovuto ricorrere alla fecondazione eterologa - spiega Beatrice - All’inizio ero solo incuriosita, ma poi ho pensato: se potessi aiutare donne come loro?”.

Da pensiero passeggero, col tempo l’idea si è insinuata sempre di più nella sua mente. Eppure, nonostante l’entusiasmo e le buone intenzioni, all’inizio non aveva raccolto molto supporto: “Tutti mi dicevano che ero pazza. Una delle paure di mia mamma, per esempio, era che in qualche modo io potessi sprecare i miei ovuli”. In realtà non è proprio così… “La stimolazione ormonale, mi spiegarono i medici, porta alla maturazione di tutti gli ovociti che normalmente verrebbero comunque attivati, ma poi persi, in un ciclo mestruale ordinario”. Nessuno spreco quindi.

Rimane però la mancanza di cultura della donazione e anche di informazioni su questo tema: “Pur essendo un medico, io stessa non sapevo come funzionasse” - confessa Beatrice - “Basta davvero poco per capire che, in realtà, si tratta di un intervento veloce e sicuro. Io non ho avuto effetti collaterali di nessun tipo e non ho perso giorni di lavoro”. Fortunatamente, nonostante lo scetticismo di alcuni, non si è lasciata scoraggiare: ancora oggi porta orgogliosamente la propria storia come esempio per convincere più donne possibile a donare. Lei ha scelto di rivolgersi alla banca di conservazione dei gameti dell’Ospedale Niguarda per donare i propri ovuli: “L’intervento in sé dura poco. Dopo aver fatto tutti i controlli necessari preliminari per verificare l’arruolabilità, si viene sottoposti a stimolazione ormonale sottocutanea per quindici giorni in ambulatorio. Nel frattempo, si monitora la situazione degli ovuli tramite esami del sangue ed ecografie. Una volta che gli ovociti sono maturi, vengono prelevati con un ago transvaginale in anestesia. Sembra molto più complicato di quello che è, ve lo assicuro”.

Quello che Beatrice definisce “arruolabilità” è l’iter che precede la donazione vera e propria, fatta di step, previsti dalla legge italiana, per poter diventare effettivamente donatrice. I criteri da tenere in considerazione sono ben precisi: donne sane, di giovane età (20-35 anni) e di comprovata fertilità. La legge italiana è particolarmente specifica, ogni donatrice deve sottoporsi a controlli clinici e genetici, per verificare che non ci siano malattie infettive o ereditarie. Oltre a questo, occorre svolgere una valutazione psicologica per confermare la volontarietà dell’atto e accertare che la decisione non nasca da psicosi o disturbi della personalità.

Una volta superate queste valutazioni, si giunge finalmente al momento della donazione. Il prelievo ha una durata di circa 15-20 minuti e, dopo l’intervento, la paziente rimane sotto sorveglianza per tre ore.

Il problema principale rimane quindi ancora la scarsa conoscenza di questa possibilità: anche il Ministero della Salute si è preso a cuore la causa, cercando di promuovere campagne di sensibilizzazione sullo svolgimento della donazione. L’obiettivo è di spingere a informarsi sull’argomento, con la speranza di ottenere un conseguente aumento del numero di donazioni.

Nel frattempo, la nostra donatrice continua, nel suo piccolo, a fare quello che può. Lei stessa si stupisce dell’evoluzione che il tema della donazione ha avuto nella propria vita: da una semplice curiosità, si è trasformato in un sincero desiderio, fino al bisogno di assicurare a tutti gli stessi diritti. “Penso che sia un tema importante” - conclude - “L’ovodonazione è, in genere, l’ultima spiaggia per le donne che, per problemi di infertilità o patologie, non possono ricorrere ai propri ovociti per una gravidanza. Credo che tutti debbano avere l’opportunità di crearsi una famiglia e di poter avere la vita che desiderano”.