“Oggi guardo la mia bambina e il mio pensiero va a tutti coloro che mi permettono di tenerla in braccio: i medici, gli infermieri e le ostetriche.  Il mio riconoscimento va anche a tutti i donatori di sangue, che hanno un ruolo di primo piano, ma di cui forse si parla troppo poco”

Il bel finale di una gravidanza molto complicata

Giorgia, il nome della mamma è di fantasia, ma la storia è reale più che mai. A caratterizzarla una gravidanza che in un sol colpo poteva mettere a rischio due vite: quella della bambina nel grembo e quella della madre. E che pericolo! Le prime sirene suonano già nelle prime settimane di gestazione. I controlli, infatti, mettono in evidenza che c'è qualcosa che non va, qualcosa che merita la più assoluta attenzione. “Ero in vacanza al mare con l'altra mia figlia di 3 anni, ho avuto delle perdite e mi sono rivolta all'ospedale più vicino, dove hanno riscontrato che era avvenuto un distacco della placenta. Da lì si è attivato tutto l'iter di controlli perché non si riusciva bene a circoscrivere il problema”.


Già al terzo mese di gravidanza gli specialisti da cui era seguita (in un altro centro) diagnosticano una condizione di placenta previa centrale con un raccorciamento del collo dell'utero. “Mi dissero che queste condizioni mi avrebbero portato a partorire molto in anticipo, al quarto mese. Per evitarlo, si doveva ricorrere ad una particolare procedura chiamata cerchiaggio. Prima di procedere con il ricovero, però, io e mio marito ci siamo trovati di fronte alla scelta delle scelte: decidere se proseguire la gravidanza oppure no. Sì, perché oltre alle condizioni emerse si aggiungeva anche il fatto che la mia era una placenta accreta. L'anomalia faceva sì che la struttura potesse invadere diversi organi interni esponendo a rischi di emorragie molto gravi. Sono stati giorni veramente sofferti. Ma alla fine abbiamo deciso di andare avanti, anche perché in caso di interruzione, era molto concreta l'ipotesi di non poter avere più altri figli”.


Dopo qualche settimana un esito imprevisto: purtroppo il cerchiaggio determina una lesione all'utero con una conseguente emorragia. In urgenza Giorgia viene trasportata al pronto soccorso ostetrico di Niguarda. Viene ricoverata al sesto mese di gravidanza e non uscirà più dall'Ospedale fino al parto. “Ricordo la prima visita al mattino presto con il Dottor Sanguineti e i tanti colloqui avuti con il primario, il Dottor Meroni. Per noi sono stati fondamentali, ci hanno infuso sicurezza e tranquillità in ogni momento. E' stato un periodo molto lungo, ma grazie all'assistenza ricevuta e alla voglia di normalità sono passati senza essere paralizzati dalla preoccupazione. Essere in una camera singola aiuta parecchio e poi anche noi, come famiglia, ci abbiamo messo del nostro per non far vincere lo sconforto. A Natale e al compleanno dell'altra mia figlia abbiamo addobbato a festa la stanza, abbiamo addirittura fatto l'albero sotto cui abbiamo scartato i regali la Vigilia. Di capodanno ricordo il “cenone” in camera con il cibo comprato in rosticceria da mio marito. La nostra vita non si è fermata”.


La situazione intanto viene continuamente monitorata e si decide per il parto alla 37sima settimana. “La placenta accreta è una condizione molto insidiosa- spiega Mario Meroni, Direttore dell'Ostetricia e Ginecologia-. In questa situazione la placenta è fusa con l'utero e lo invade come se fosse un tumore. Nel caso specifico non c'era altra soluzione: abbiamo deciso di procedere con il parto cesareo e l'asportazione dell'utero in un'unica sessione. Sapevamo che si trattava di un intervento molto delicato”. La nascita non può avvenire nelle consuete sale-parto. Gli specialisti hanno predisposto una sala chirurgica e visto l'alto rischio di emorragia, c'era bisogno di una riserva di sangue considerevole. Come succede in questi casi c'è stato uno stretto coordinamento con l'équipe del SIMT- Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale. “In sala erano pronte una decina di sacche- indica Silvano Rossini che dirige il SIMT-. Altre 10 erano pronte a partire dal laboratorio in caso di ulteriori necessità. La riserva destinata all'intervento era la stessa che normalmente si mette a disposizione per un trapianto di fegato, la procedura che mediamente ne richiede di più”.


Tutto pronto. Anestesia totale e finalmente la nascita. E' una bella bambina di 2 chili e mezzo. “L'ho vista per la prima volta al mio risveglio dopo due giorni- ci dice la mamma-. Anche il mio intervento è andato bene. La temuta emorragia si è verificata ma è stata tenuta sotto controllo. Per farlo ci sono volute 5 sacche di sangue e 3 di plasma”. In pratica il contributo di 8 donatori. “Oggi guardo la mia bambina e il mio pensiero va a tutti coloro che mi permettono di tenerla in braccio: i medici, gli infermieri e le ostetriche.  Il mio riconoscimento va anche a tutti i donatori di sangue, che hanno un ruolo di primo piano, ma di cui forse si parla troppo poco”.