“Mi sono ripreso la mia vita grazie alla dialisi domiciliare”

NEFRITE CRONICA E DIALISI DOMICILIARE: la storia di Giuliano

La lista delle patologie che ha è lunga, eppure la voglia di vivere di Giuliano non si è fatta mettere all’angolo.
Non ci è riuscito un infarto nel 2004, nemmeno una fibrosi interstiziale, che ha attaccato i suoi polmoni e che dal 2011 lo costringe a respirare ossigeno da una bombola, e neanche i 3 metri di intestino in meno, che i medici gli hanno prelevato all’età di 20 anni. 

A mettersi in mezzo tra lui e la sua vita ci ha provato anche una nefrite cronica che ha dato i suoi primi segni nel ‘85 e che nel 2011 ha decretato lo stop per i suoi reni: fine corsa. 
Se Giuliano voleva sopravvivere, l’unica strada possibile era la dialisi. 
In quel periodo Niguarda aveva avviato il programma di dialisi domiciliare,  primo centro in Lombardia a fornire questo tipo di servizio.
E’ una procedura che stressa meno il paziente e che assicura una migliore qualità di vita. Va effettuata per per 6 giorni la settimana in sedute di 2 ore circa, a differenza della dialisi ospedaliera che ha una frequenza di 3 volte la settimana con sedute di circa 4 ore ciascuna.

A tu per tu con i pazienti

Oggi Giuliano di anni confessa che nulla potrà separarlo dalle sue grandi passioni: i viaggi, la moto e la sua barca a vela. E a sentire quello che ci racconta sembra esserci riuscito.

Come è iniziato?

Sono stato ricoverato a Niguarda nel 2011 per un aggravamento complessivo del mio stato di salute: sono entrato con le mie gambe sono uscito con la bombola d’ossigeno e con la prospettiva di un via vai a giorni alterni dall’ospedale per fare la dialisi. Il mio primo pensiero è stato: dovrò dire addio alla mia bella e intensa vita.


Ma poi si è prospettata una nuova possibilità…

Proprio nel periodo del ricovero, l’Ospedale aveva da poco avviato un programma di dialisi domiciliare, basato sull’utilizzo di un nuovo macchinario. Niguarda è stato il primo centro in Lombardia a mettere a disposizione dei pazienti questa opzione. 
Ma vista la complessità del mio caso, i medici  non pensavano che potessi prenderne parte.

Tu invece ne eri convito 

Si, la strada per mantenere le mie abitudini, le mie libertà passava unicamente dalla dialisi domiciliare e così doveva essere!
Sulla stessa lunghezza d’onda c’è anche Vittorio,  il mio “angelo custode” che mi assiste durante la procedura (non può essere condotta individualmente, c’è bisogno di partner che assista il dializzato) e che condivide le mie passioni. All’inizio non è stato facile ma l’équipe dell’Ospedale ci ha seguito  passo passo, con grande scrupolo. Ho imparato a programmare la macchina e a fare tutto il necessario. Una volta pronti non c’è stato più bisogno di andare in ospedale per la dialisi un giorno sì e uno no. 

Non sono mancate le difficoltà

Tanto per cominciare le mie vene sono fragili e non sopportano una procedura chiamata fistola che serve per mantenere un accesso utile per la dialisi nel suo braccio. Ma la cosa fortunatamente si risolve con un innesto di una cannula, che funge da vaso sanguigno artificiale. 
Si chiama loop ed essendo di gore-tex è molto più difficile da bucare.  Ma ne sono felicissimo. 

A farti desistere ci ha provato anche un collasso. Come è andata?

Era il secondo giorno durante la dialisi a casa. Non mi sono fatto prendere dal panico, Vittorio ha stoppato la macchina e ha attuato tutte le procedure anti-shock spiegatemi in ospedale.
Mi sono ripreso subito e l’episodio non si è mai più verificato.

Come è adesso la tua vita?

Mi trovo talmente bene con questa soluzione che non penso minimamente al trapianto. 
Alla mattina mi alzo alle 7 e alle 10 ho finito. Ho tutta la giornata davanti da dedicare ai miei interessi: la moto, la barca a vela, non ho dovuto rinunciare a niente.  Mi sento libero e soprattutto mi sento meglio. Quando dovevo recarmi in ospedale perdevo tutta la giornata e tornavo a casa distrutto, tanto da non riuscire a camminare.

Non rinunci a niente…compreso volare..

La trasportabilità della macchina non solo mi ha permesso di rimanere al timone della mia barca o di spostarmi nella casa al lago, addirittura ho imbarcato l’attrezzatura sull’aereo più di una volta. 
Abbiamo dovuto prendere accordi con la compagnia aerea per tempo e districarci in una mare di burocrazia.
Inoltre il fornitore delle sacche per la dialisi ci ha spedito tutto il materiale all’estero.
Ci è voluta una bella organizzazione ma ne è valsa la pena. 

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