“Più di 20 anni fa la poliposi adenomatosa familiare è entrata nella mia vita: adesso la mia storia serve ad incoraggiare gli altri malati.”

POLIPOSI ADENOMATOSA FAMILIARE: la storia di Luca

Un gene mutato che colpisce lì, nell’intestino, in particolare nel suo ultimo tratto: il colon retto. In questa sede le cellule “impazzite” proliferano senza controllo, formando dei veri e propri tappeti di polipi adenomatosi, “ospiti” quanto mai sgraditi e pericolosi in quanto precursori di futuri tumori.

 

A tu per tu con i pazienti

Luca, 52 anni, lavora in ferrovia. Più di 20 anni fa la poliposi adenomatosa familiare “entra” nella sua vita. A Niguarda è stato operato e oggi 1-2 volte l’anno “fa visita” all’Endoscopia Digestiva per tenere la situazione sotto controllo.

 

A che età è stata diagnosticata la malattia?

Avevo 30 anni e ho avuto delle perdite di sangue. Sono andato dal medico di famiglia che mi ha dato del ferro senza fare alcun accertamento. Durante l’estate di quello stesso anno mentre andavo in ferie, in treno ho avuto un’emorragia e al ritorno ho iniziato con gli accertamenti che mi hanno portato a scoprire la malattia.

 

Com’è la sua storia familiare, ha parenti con la stessa malattia o è il primo caso?

Mia madre ha avuto la stessa malattia ed è morta nel 1964. Ma all’epoca si conosceva poco la patologia tantomeno si conosceva la sua familiarità, per cui non sono stato un “sorvegliato speciale”.

 

Scoperto il suo caso, la sorveglianza è invece stata allargata ai suoi parenti?

Sì mio fratello è stato sottoposto allo screening genetico che è risultato negativo, per fortuna sta bene.

 

A che tipo di intervento si è dovuto sottoporre?

Ad un intervento di asportazione del colon e di ricostruzione dell’ampolla rettale, un intervento molto lungo che è durato quasi 9 ore. Per i 6 mesi successivi ho dovuto convivere con un’ileostomia, una deviazione dell’intestino per cui le feci escono involontariamente da un’apertura fatta apposta sull’addome, andandosi a raccogliere in un sacchetto esterno adeso al corpo. Il tutto è servito per far cicatrizzare la parte operata. Il primo intervento è stato a marzo, a ottobre ne ho dovuto subire un altro perché ho avuto un blocco intestinale a causa di alcune aderenze, mi hanno rioperato e tolto la deviazione.

 

Un intervento non da poco, com’è cambiata la sua vita subito dopo l’operazione?

Sono stato fortunato perché ho trovato un’èquipe medica e infermieristica molto preparata che mi ha supportato nei momenti più duri del post-operatorio: avere la deviazione da un giorno all’altro è dura. Psicologicamente non è facile perché devi convivere con questa novità e inizialmente non è così facile perché ti senti limitato: hai paura che da un momento all’altro si stacchi incidendo sulla tua libertà di movimento. Ma poi ti abitui. Successivamente mi hanno chiamato per dare un supporto a chi doveva sottoporsi a questo tipo di operazione. La mia storia doveva incoraggiarli.

 

Possiamo dire che l’intervento l’ha fatta tornare alla normalità?

Sì anche se ho avuto degli altri “campanelli d’allarme”. Fino al 2000 è andato tutto bene. Poi i medici hanno riscontrato dei polipi allo stomaco, che però per fortuna erano benigni.
Nel 2003 una gastroscopia ha evidenziato delle formazioni anche nel duodeno. Nel 2006 hanno scoperto una displasia alla papilla di Vater. Fortunatamente queste emergenze oggi sono tutte rientrate: i polipi sono spariti e la displasia è molto meno accentuata. Tuttavia la mia situazione richiede un controllo frequente: devo eseguire almeno 1-2 controlli endoscopici l’anno.